di Marco Consolo
Lo scorso 11 aprile, in Perù si sono tenute le elezioni per eleggere un presidente, 2 vicepresidenti e 130 deputati e deputate. Nessuno dei candidati ha passato il primo turno e il ballottaggio sarà il prossimo 6 giugno.
Il candidato “sorpresa” Pedro Castillo di Perù Libre è stato il più votato con il 19,1% dei voti, ridando fiato alla sinistra. Al secondo posto, su posizioni apertamente neo-liberiste, si è piazzata Keiko Fujimori (Fuerza Popular) con il 13,3 %. Keiko è la pluri-indagata figlia di Alberto Fujimori, l’ex-presidente dittatore attualmente in galera per corruzione.
Solo sesta con il 7,9 % è arrivata Veronika Mendoza, esponente della coalizione di sinistra “Juntos por el Perù” (che comprende i 2 partiti comunisti), e che sperava passare al ballottaggio, mentre rimane in fondo l’ex presidente Ollanta Humala (Partido Nacionalista), con solo 1,6 % dei suffragi.
Su 24 milioni di elettori, circa il 30 % non è andato a votare, mentre l’astensione nelle precedenti elezioni presidenziali non aveva superato il 18%. Tra coloro che hanno votato, il 18 % ha votato scheda bianca o nulla che, sommato al 30% di astensione dà un totale del 48 % dei votanti che non ha espresso nessuna preferenza.
C’è da dire che chi è andato a votare lo ha fatto nel momento più pericoloso della pandemia, con il record dei decessi il giorno prima delle elezioni, vincendo la paura e mettendo a rischio la salute.
Al di là dei singoli risultati, in generale è stato il voto di un Paese stanco, depresso, frustrato e stufo. È il risultato di come il Paese si sente e si mostra. Tuttavia, queste elezioni hanno presentato un’importante sorpresa.