Emigrazione e Rappresentanza: come si diventa cittadini del mondo? Forse posta così la domanda sul profilo della rappresentanza politica, e quindi istituzionale, della nazione migrante, italiani compresi, assume un retrogusto ideologico. Ma nella trasmissione “Il mondo alle 7” del 23 gennaio 2022 Radio Mir ha toccato con mano una realtà abbastanza paradossale.
Playlist di tutti gli interventi della iniziativa del 23 Gennaio 2022
Se sommiamo il numero degli italiani emigrati all’estero con quello dei migranti che giungono in Italia, arriviamo a una cifra di quasi un quinto della popolazione residente in Italia. Questa gran quantità di uomini e donne in realtà non ha una rappresentanza politica stabile e convincente. Considerrando che gli scenari del futuro prevedono movimenti migratori sempre più significativi, ci sembra arrivato il momento di riflettere su un modello di rappresentanza che risponda da un lato ai bisogni reali e dall’altro rispetti l’appartenenza culturale ed etnica.
Il pretesto per affrontare questo tema chiamando a raccolta gli italiani all’estero, soprattutto quelli inseriti in un qualche organismo o associazione, è rappresentato dalle ultime elezioni dei Comites. La partecipazione è stata drammaticamente bassa. E non ce lo nascondiamo.
Ma, anche se all’interno di questi numeri di partecipazione talmente limitata, si scopre che in uno scenario generale di grandi trasformazioni strutturali dei flussi migratori italiani all’estero sembra emergere una voglia di protagonismo delle generazioni nuove, diciamo tra i trenta e i quaranta anni, e anche il tentativo di mantenere in vita lo spirito associazionistico seppure in forme nuove. La disaffezione c’è. E’ inutile negarlo. Ma è proprio in momenti di crisi come questo che il futuro può prendere una piega piuttosto che un’altra a seconda di cosa si farà concretamente per migliorare la situazione.
E dell’impegno che ognuno metterà a disposizione. I Comites, considerando proprio l’investimento delle giovani generazioni, vanno aiutati a crescere: con meno burocrazia, valorizzando il rapporto con le associazioni esistenti nel territorio, ridefinendo il ruolo e gli obiettivi di questi organismi in una situazione profondamente differente da quella esistente quando i Comites vennero costituiti.
Questo discorso, logicamente, vale ancor di più per la grande comunità italiana all’estero che vive nello spazio dell’Unione Europea. Anche qui i numeri della partecipazione alle recenti elezioni del Comites (ma anche a quelle nazionali ed europee) non sono così diversi dal resto del mondo, ma è chiaro che c’è una specificità europea che non va dimentica. C’è qualcuno a Bruxelles , nei palazzi della politica, che se ne vuole occupare? La miopia sui migranti dell’Europa è ormai un agghiacciante realtà.
L’idea di distinguere i migranti extra Eu tra richiedenti asilo e migranti economici, anche se in realtà la fortezza europa sembra invalicabile per tutti/e, rischia di funzionare da modello anche per le migrazioni intra europee. Molto ancora c’è da chiarire per esempio sul godimento reale dei diritti. La libera circolazione delle persone, è molto diversa da quello che ci hanno raccontato. E di fatto è libera circolazione solo se sei un turista pagante. Non se vuoi cercare lavoro per migliorare la tua vita.
In questo contesto le associazioni (strutturate o meno) hanno fatto e possono ancora fare molto: pensiamo per esempio al supporto dato durante i lockdown derivati dalla pandemia, oppure al cambiamento climatico relativamente ai danni delle calamità . In molti casi le associazioni suppliscono a parte del lavoro che la disastrata rete consolare, dopo anni di tagli, quasi non fa più.
E però dall’altra parte questo grande patrimonio non solo va riconosciuto ma va anche aiutato a crescere parallelamente al mutare delle caratteristiche dei flussi. Che ci sia una cesura tra vecchia e nuova migrazione è indubbio, ma questo non può essere il pretesto per recitare il de profundis del mondo delle associazioni nel suo complesso. Stesso discorso per i patronati, che di fatto hanno assunto un rilievo originali e rappresentano un grande potenzialità.
Da una parte c’è il “Made in Italy” e i suoi ambasciatori naturali, gli italiani all’estero, ma gli italiani all’estero sono tanto altro ancora. E non ci stanno ad essere ridotti ad una caricatura. La caduta della partecipazione politica e della rappresentanza va arrestata. Non ci sono mezze misure. Sono troppi anni che il “virus” del “non c’é alternativa allo status quo” agisce indisturbato.
Gli inizi degli anni 90 in Italia hanno segnato uno spartiacque. Elezioni maggioritarie, leaderismi espasperati, distruzione dei corpi intermedi della societá (sindacati, associazioni, partiti) e di tutto quello che provava a comunicare una alternativa e che lavorava sulla cittadinanza attiva dei cittadini. Ed ora siamo (forse) al punto più basso. Da dove (forse) si puó solo risalire. Con l’impegno di tutte le persone di buona volontá, ovunque collocate, che ne condividano l’obiettivo finale.
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